The Pyramid of Power – Chapter 2: Establishment Media, di Derrick Broze, The Conscious Resistance Network
Secondo capitolo della Piramide del Potere, una serie di documentari in 17 parti che si propone di rispondere alla domanda: Chi governa il mondo?
Il giornalista Derrick Broze esamina le istituzioni e gli individui che cercano di manipolare il nostro mondo a proprio vantaggio.
Presentato da The Conscious Resistance Network.
Ricercato, scritto e narrato da Derrick Broze.
Montaggio di Jeremy Martin e Becca Godwin.
Musica di Pop Vultures.
Questo capitolo con la partecipazione di James Corbett e Ben Swann.
https://thepyramidofpower.net/
https://thepyramidofpower.net/?pop-chapter=establishment-media
https://theconsciousresistance.com/the-pop/
Per gli altri capitoli della serie tradotti in italiano:
https://giuliarodi.com/category/la-piramide-del-potere/
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TRASCRIZIONE
Derrick Broze: Lavorando per dieci anni come giornalista d’inchiesta, il mio lavoro mi ha spinto a condurre un programma radiofonico, a scrivere libri e a produrre numerosi documentari sulle realtà del traffico di bambini, sui pericoli della tecnologia e sulla lotta indigena. Ora, voglio scoprire se esiste una rete di individui e istituzioni che lega queste tematiche. Molti ricercatori ipotizzano l’esistenza di un cartello internazionale che manipola segretamente gli eventi mondiali a proprio vantaggio. Sono queste solo affermazioni di fantasia e delirio paranoico, o c’è davvero un’agenda per manipolare l’umanità secondo le esigenze di una Piramide del Potere?
Capitolo 2: I Media dell’Establishment
Per molti di noi, una delle prime cose che facciamo al mattino è consultare i notiziari, i giornali, i social media e i siti web preferiti per essere informati sugli eventi importanti della giornata. Le persone di qualsiasi orientamento politico hanno il desiderio di essere informate sul mondo che le circonda e sugli argomenti che le interessano. Una persona media potrebbe credere che le centinaia di stazioni televisive, i milioni di siti web e gli infiniti feed dei social media offrano una risorsa illimitata di informazioni attendibili e basate sui fatti che la terranno aggiornata sulle questioni importanti.
Tuttavia, come per il sistema educativo, ci sono molti problemi legati ai mass media e ai numerosi conflitti d’interesse. Innanzitutto, iniziamo ad analizzare la storia della proprietà dei media negli Stati Uniti e nel mondo.
All’inizio degli anni ’80, circa 50 società controllavano la maggior parte dei media americani, tra cui riviste, libri, musica, giornali, studi cinematografici, stazioni radio e televisive. Nel giro di un decennio,il numero scese a circa 25 e nel 2000 solo 6 società controllavano circa il 90% dei media. Nel 2020, il numero è sceso a 5 società. Queste società includono: ATT, Disney, Comcast, Fox Corp e National Amusements. Molte delle grandi società mediatiche precedenti sono state acquistate o si sono fuse con una delle 5 principali.
Comcast possiede NBC, Telemundo, MSNBC, CNBC, USA Network, Syfy, Oxygen, Bravo, lo studio cinematografico Universal Pictures, diversi studi di animazione e Universal Parks & Resorts.
Disney possiede i Walt Disney Studios, che comprendono Pixar, Marvel Studios, LucasFilm e 20th Century Studios. Disney possiede anche ESPN e ABC News.
Fox Corp possiede Fox, Fox New Channel, Fox Business, Fox Sports, mentre National Amusements possiede ViacomCBS che possiede Paramount Pictures, CBS Entertainment Network, Nickelodeon, BET, MTV, Comedy Central e varie reti internazionali.
ATT è la più grande società di media e intrattenimento al mondo in termini di fatturato. La mega società possiede il gruppo WarnerMedia, che possiede attività cinematografiche, televisive e via cavo, tra cui WarnerBros, HBO, Cartoon Network, Adult Swim, DC Entertainment, TBS, TNT e TruTv.
A livello globale, i grandi conglomerati mediatici includono Bertelsmann, National Amusements (ViacomCBS), Sony Corporation, Hearst Communications, MGM Holdings Inc. e Grupo Globo in Sud America.
Ci sono anche importanti organizzazioni giornalistiche che non appartengono alle “Big 5”. Il New York Times è di proprietà della New York Times Corporation, a partecipazione pubblica, mentre il Washington Post è di proprietà di Nash Holdings, una LLC [Società a responsabilità limitata] di Jeff Bezos di Amazon. La famiglia Hearst possiede Hearts Publications, che possiede 24 quotidiani, tra cui il San Francisco Chronicle e lo Houston Chronicle, oltre a riviste, stazioni televisive e media via cavo e interattivi.
Rupert Murdoch è il co-presidente esecutivo di Fox Corporation ed è anche presidente di News Corp, che possiede il Wall Street Journal e altre pubblicazioni. Complessivamente, la sua famiglia controlla 120 giornali in cinque Paesi. Anche il miliardario Michael Bloomberg è un vecchio magnate dei media con Bloomberg LP e Bloomberg Media.
Donald Newhouse e suo fratello Samuel Newhouse hanno ereditato Advance Publications, una società mediatica privata che controlla giornali, riviste, TV via cavo e attività di intrattenimento tra cui Discovery Channel, Reddit e Conde Nast, e che pubblica le riviste Wired, Vanity Fair, GQ, The New Yorker e Vogue. Molti altri miliardari, tra cui l’amministratore delegato di Comcast Brian Roberts e il presidente di Liberty Media John Malone, possiedono o controllano reti televisive via cavo potenti ma non incentrate sulle notizie.
Un chiaro esempio di come il finanziamento da parte di miliardari e mega-società possa creare un conflitto di interessi si è avuto nel 2016, quando il New York Times pubblicò un articolo che criticava il potere che i miliardari esercitano sulle società mediatiche. Un investitore ultraricco nel settore dei media non fu citato nell’articolo: il miliardario messicano Carlos Slim. All’epoca, Slim possedeva la maggiore quota individuale del Times, ma non fu menzionato. Slim ha venduto metà delle sue azioni nel 2017, ma rimane comunque il secondo maggiore azionista. Sebbene non vi siano prove evidenti che Slim abbia avuto un ruolo nell’omissione della sua proprietà del Times, ciò illustra la difficoltà che il lettore medio incontra nel valutare chi sta cercando di influenzare la sua visione del mondo.
È chiaro che il consolidamento dei media rappresenta un’opportunità per le corporation, gli azionisti, le famiglie e gli individui che stanno dietro ai media, di influenzare e plasmare l’opinione pubblica. Questo è uno dei motivi per cui i media sono stati spesso chiamati “il quarto potere”, un’espressione derivata dal tradizionale concetto europeo dei tre ceti sociali del regno: il clero, la nobiltà e la gente comune. Il quarto rappresenta un “quarto potere” nella stampa e nei mezzi d’informazione che hanno la capacità di sostenere e inquadrare le questioni politiche.
Nel libro La Fabbrica del Consenso del 1988, i noti intellettuali e linguisti Noam Chomsky ed Edward S. Herman sostengono che i mass media statunitensi sono istituzioni efficaci e potenti che utilizzano la “propaganda sostenuta dal sistema” per influenzare il pubblico senza ricorrere alla coercizione. Lo chiamano il modello propagandistico della comunicazione.
ANDREW MARR: Per molte persone l’idea che la propaganda sia usata da governi democratici e non solo da quelli autoritari sarà strana.
NOAM CHOMSKY: Beh, il termine propaganda è caduto in disgrazia con la seconda guerra mondiale, ma negli anni Venti e Trenta era usato comunemente e di fatto sostenuto da intellettuali di spicco, dai fondatori della scienza politica moderna, dai progressisti wilsoniani e naturalmente dall’industria delle pubbliche relazioni come tecnica necessaria per superare il pericolo della democrazia. La struttura istituzionale dei media è abbastanza chiara, parliamo degli Stati Uniti, ma non è molto diverso altrove. Ci sono dei settori, ma quelli che stabiliscono l’agenda per tutti gli altri, come il NY Times, il Washington Post, sono grandi corporation, parte di conglomerati ancora più grandi. Come altre istituzioni corporative, hanno un prodotto e un mercato. Il loro mercato sono le altre aziende che fanno pubblicità, il loro prodotto è un pubblico privilegiato, relativamente privilegiato.
AM: Il pubblico che vendono è privilegiato
NC: Vendono un pubblico privilegiato… Queste sono grandi corporation che vendono un pubblico privilegiato ad altre corporation. La domanda è: “Quale immagine del mondo una persona razionale si aspetta di ottenere da questa struttura?” Poi traiamo alcune conclusioni su cosa aspettarci, e verifichiamo che sì, questa è l’immagine del mondo che ne viene fuori.
Noam Chomsky – The Propaganda Model [Primi 1:35min]
Nell’introduzione del libro del 2002, scrivono:
“I media servono e fanno propaganda per conto dei potenti interessi sociali che li controllano e li finanziano. I rappresentanti di questi interessi hanno scopi e principi importanti che vogliono far avanzare e sono ben posizionati per plasmare e condizionare la politica dei media.”
La Fabbrica del Consenso, 1988
Chomsky ha poi descritto i vari metodi utilizzati dai media per influenzare l’opinione pubblica, tra cui distrazione, gradualismo, rimandare una certa azione ad una data successiva quando potrebbe essere più accettata dal pubblico, parlare al pubblico come a dei bambini, suscitare emozioni negli spettatori, mantenere il pubblico nell’ignoranza, promuovere tendenze, incolpare il pubblico per i problemi e comprendere la psicologia di fondo delle masse.
Ben Bagdikian (giornalista premio Pulitzer, ex preside della Graduate School of Journalism alla UC Berkeley e autore di The New Media Monopoly) descrive i cinque giganti dei media come un “cartello” che esercita un’influenza tale da cambiare la politica statunitense e definire i valori sociali.
“La Ford Motor Company e la General Motors non si sfidano all’ultimo sangue perché hanno troppo da perdere in una rivalità “tutto o niente”. Allo stesso modo, i principali media mantengono relazioni simili a quelle di un cartello, con differenze solo marginali tra di loro, un rapporto che li lascia tutti vivi e vegeti ma che lascia la maggioranza degli americani con scelte artificialmente ristrette nei loro media.”
Ben Bagdikian
Giornalismo della classe dirigente
Già nel 1973, iniziò ad essere evidente che la comunità dei servizi segreti statunitensi stava infiltrando i media stranieri e nazionali. Alla fine di novembre di quell’anno, il NY Times riferì che la CIA aveva circa tre dozzine di giornalisti americani che lavoravano all’estero per l’agenzia come informatori sotto copertura, alcuni dei quali come agenti a tempo pieno. Nessun nome dei giornalisti fu rivelato al pubblico.
Nel 1975, il Senato degli Stati Uniti organizzò la “Commissione parlamentare per studiare le operazioni del governo in relazione alle attività di intelligence” [United States Senate Select Committee to Study Governmental Operations with Respect to Intelligence Activities] anche nota come Commissione Church, dal nome del senatore dell’Idaho Frank Church che la presiedeva. Church e il suo gruppo furono incaricati di indagare sugli abusi della CIA, della National Security Agency (NSA), del Federal Bureau of Investigation (FBI) e dell’Internal Revenue Service (IRS). Le indagini della Commissione Church sono note per aver rivelato molte attività illegali della comunità dei servizi segreti, tra cui la scoperta dell’Operazione SHAMROCK, in cui le principali società di telecomunicazioni condivisero il loro traffico con l’NSA dal 1945 ai primi anni Settanta. Si parlò anche di un programma di dardi avvelenati in grado di provocare un attacco cardiaco. E, naturalmente, i famigerati documenti MK ULTRA, che hanno rivelato gli sforzi della CIA per manipolare e controllare la mente umana.
Il rapporto finale della Commissione Church, pubblicato nell’aprile 1976, riguardava anche i legami della CIA con i media esteri e nazionali. Secondo il rapporto, agenti misero in giro storie false su attivisti, tra cui Martin Luther King Jr. Il rapporto scoprì che la CIA aveva mantenuto una rete di diverse centinaia di persone straniere in tutto il mondo, che fornivano informazioni alla CIA e che a volte tentarono di influenzare l’opinione pubblica attraverso l’uso di propaganda segreta. Queste persone fornivano alla CIA l’accesso diretto a molti giornali e periodici, servizi stampa e agenzie di stampa, stazioni radio e televisive, editori di libri commerciali e altri media stranieri.
Negli Stati Uniti, la CIA stimò di avere circa 50 asset, che erano singoli giornalisti americani o dipendenti di organizzazioni mediatiche statunitensi. La Commissione scoprì che più di una dozzina di organizzazioni giornalistiche e case editrici commerciali statunitensi avevano fornito in passato copertura agli agenti della CIA all’estero. Alcune di queste organizzazioni non erano consapevoli di aver fornito questa copertura.
Nel corso di un’udienza della Commissione parlamentare nel 1975, fu chiesto al direttore della CIA William Colby se l’agenzia avesse dipendenti nelle reti televisive e nei giornali.
WILLIAM COLBY: Abbiamo persone che presentano articoli a giornalisti americani.
SENATORE: Avete persone pagate dalla CIA che lavorano per le reti televisive?
WILLIAM COLBY: Credo che questo entri nei dettagli, signor presidente, che vorrei trattare in seduta privata.
Clip di un’udienza della Commissione Church, 1975 [ndt: per esempio vedi qui]
Nell’articolo del 28 gennaio 1976 “I legami tra la CIA e i giornalisti“, il New York Times riporta:
“Una bozza di un rapporto della della Commissione parlamentare sull’intelligence della scorsa settimana afferma che 11 ufficiali a tempo pieno della CIA si spacciavano per giornalisti all’estero in connessione al loro lavoro di intelligence. Il rapporto afferma inoltre che “fino al 1978 dei veri e propri agenti si spacciavano per corrispondenti a tempo pieno di organizzazioni che hanno “una grande influenza sulle notizie”. Inoltre, il rapporto affermò che circa 15 organizzazioni giornalistiche avevano collaborato con la CIA fornendo “copertura” agli agenti della CIA.”
Il Times prosegue affermando che:
“La libertà di stampa qui è protetta dall’intrusione del governo in base al Primo Emendamento della Costituzione e quindi un lettore, uno spettatore o un ascoltatore ha il diritto di aspettarsi che le notizie non siano distorte per conformarsi a una posizione governativa. Un agente che dall’estero si reca negli Stati Uniti si troverebbe di fronte all’impossibile compito di distinguere la sua fedeltà al suo vero datore di lavoro, la CIA, da quella alla sua organizzazione giornalistica e ai suoi lettori”.
La CIA si è formalmente rifiutata di rendere pubblici i nomi delle agenzie di stampa americane che hanno collaborato con la CIA, di quelle che si sono lasciate usare come copertura e dei nomi dei giornalisti che hanno lavorato segretamente per la CIA. Il Times ha anche notato che Sam Jaffe, un ex reporter televisivo che ha ammesso di lavorare con l’FBI, ha accusato giornalisti famosi come Walter Cronkite della CBS di essere sulla lista dei giornalisti pagati dalla CIA.
Nonostante il governo americano non abbia mai usato il nome, la manipolazione dei media mainstream da parte della CIA è nota come “Operazione Mockingbird”.
JAMES CORBETT: Innanzitutto, e’ importante notare che ciò che conosciamo come “Operazione Mockingbird” non era chiamata “Operazione Mockingbird”, o almeno non c’è motivo per credere che lo fosse. L’idea che questo programma di infiltrazione dei media fosse chiamato “Operazione Mockingbird” deriva in realtà da una sola citazione in un libro di Deborah Davis su Katharine Graham che è detta provenire da una fonte anonima della CIA, quindi, prendetela per quello che è.
Detto questo, la CIA era assolutamente coinvolta, e presumibilmente lo è ancora, ma non si può negare che fosse coinvolta, in una vasta operazione di infiltrazione dei media su tutti i livelli.
In modo meno controverso all’estero, creando case editrici, collocando giornalisti e reporter all’estero, usando diversi metodi per controllare cosa si vedesse all’estero ma questo, almeno in teoria, rientra nel mandato della CIA di operare a livello internazionale.
In modo più controverso, fece senz’altro le stesse cose a livello nazionale, all’interno degli USA, direttamente contro l’atto costitutivo della CIA di operare solo a livello internazionale. E non dobbiamo speculare al riguardo, durante le udienze della Commissione Church fu ammesso dalla CIA di aver agenti all’interno dei media americani che come minimo mandavano ai media americani storie da pubblicare, ma un’inchiesta successiva di Carl Bernstein nel suo importante articolo del 1977 sulla rivista Rolling Stones “La CIA e i Media“ dimostrò, da una serie di fonti diverse e senza lasciare alcun dubbio, che non solo c’erano giornalisti che scrivevano e che in pratica agivano come informatori per la CIA, ma che c’erano anche veri e propri agenti che lavoravano sotto copertura come giornalisti e inviati.
La CIA aveva stretti legami con editori e con case editrici, come con la famiglia dietro al New York Times e altre inchieste hanno mostrato che, per esempio, Allen Dullen nei primi tempi della CIA poteva e infatti chiamò spesso editori negli Stati Uniti per cambiare certe storie o per avere certi fatti riportati o non riportati.
L’articolo del 1977 di Carl Bernstein su Rolling Stones, “La CIA e i Media“, riportò che i rapporti tra la comunità dei servizi segreti e i media tradizionali erano molto più estesi di quanto avesse rivelato la Commissione Church.
FRANK CHURCH: La CIA poteva manipolare le notizie negli Stati Uniti facendole passare attraverso paesi esteri.
Bernstein sostenne che la Commissione in realtà contribuì a nascondere alcuni degli aspetti peggiori di questa relazione perché avrebbero rivelato:
“Relazioni imbarazzanti negli anni ’50 e ’60 con alcune delle organizzazioni e individui più potenti del giornalismo americano”.
Carl Bernstein, Rolling Stones, “La CIA e i Media”, 1977
Bernstein ha riferito che dal 1950 al 1966, il NY Times ha dato copertura ad una decina di dipendenti della CIA in base ad accordi approvati dal defunto editore del giornale, Arthur Hays Sulzberger. Questi accordi facevano parte di una politica generale del Times di “fornire assistenza alla CIA ogni volta che fosse possibile”. Inoltre, Sulzberger era un amico intimo del direttore della CIA Allen Dulles.
L’inchiesta di Bernstein ha anche dimostrato che negli anni ’50 la CIA condusse un “programma di addestramento formale” per insegnare ai suoi agenti ad operare come giornalisti. “Si trattava di ragazzi che passavano attraverso i ranghi e a cui veniva detto: “Diventerai un giornalista””, ha detto un funzionario della CIA a Bernstein.
Bernstein ha anche riferito che l’ex direttore della CIA Allen Dulles e il suo amico intimo Henry Luce, il fondatore delle riviste Time e Life, permettevano regolarmente ai membri del loro staff di lavorare per la CIA.
Nel 1977 sono emerse numerose altre rivelazioni, tra cui quella di Sig Mickelson, ex direttore della CBS, che ha ammesso di aver spesso lavorato con la comunità dei servizi segreti negli anni Cinquanta.
“Alla CBS fummo contattati dalla CIA, infatti, quando diventai capo dell’intero dipartimento di notizie e affari pubblici, nel 1954, il rapporto era già stato stabilito e mi fu detto di continuare a mantenerlo.”
Sig Mickelson, ex direttore CBS News
Inoltre, il Times riportò che “Decine di pubblicazioni in lingua inglese e straniera in tutto il mondo sono state di proprietà di, sovvenzionate o influenzate in qualche modo dalla CIA negli ultimi tre decenni” come parte di una rete di propaganda globale gestita dall’agenzia. Forse ancora più compromettente, William Colby ammise che alcune reti americane avevano inconsapevolmente ripetuto storie false diffuse dalla CIA.
La CIA ha affermato che la pratica di utilizzare i giornalisti per distribuire storie terminò nel 1973. Tuttavia, nel luglio 1996, la Commissione del senato degli Stati Uniti sull’intelligence ha tenuto un’udienza sulla politica pubblica relativa al possibile uso da parte della CIA di giornalisti, clero e corpi di pace. L’allora direttore della CIA, John Deutch, voleva modificare i regolamenti che vietavano l’uso di giornalisti, religiosi e missionari e dei Corpi di Pace all’estero per svolgere operazioni di intelligence politica.
In un articolo del NY Times [sic] del febbraio 1996 si legge che Deutch fu interrogato su rapporti secondo cui la CIA aveva segretamente revocato le norme del 1977 in occasioni “straordinariamente rare” e aveva utilizzato la copertura giornalistica o mediatica per attività di intelligence all’estero. I funzionari della CIA si sono rifiutati di dire se anche alti membri della Chiesa siano stati usati come risorse della CIA. È interessante notare che l’articolo del Times [sic] riporta che la controversia sull’uso da parte della CIA di “coperture non diplomatiche” è nata dopo le raccomandazioni di una “task force sponsorizzata dal Council on Foreign Relations”. La task force ha chiesto di porre fine alle “restrizioni legali e politiche” che limitavano l’uso da parte della CIA di coperture non diplomatiche come giornalisti e membri del clero.
Il motivo per cui questo collegamento è interessante è che solo tre anni prima, nel 1993, Richard Harwood, giornalista ed ex direttore del Washington Post, scrisse un potente articolo intitolato “Giornalisti della classe dirigente“, in cui descrive come i media mainstream corporativi americani servono l’agenda della classe dirigente. Harwood non concentra il suo articolo sulle agenzie di intelligence statunitensi che utilizzano i media per diffondere vari tipi di propaganda. Harwood parla invece del legame tra i media americani e il Council on Foreign Relations.
Harwood scrive:
“Nei suoi 70 anni di storia, la rivista trimestrale Foreign Affairs ha avuto solo cinque direttori. Il quinto, nominato di recente, è James Hoge, ex editore del New York Daily News e prima ancora del Chicago Sun-Times. Il trimestrale è pubblicato dal Council on Foreign Relations, i cui membri sono la cosa più vicina ad un establishment di governo negli Stati Uniti. Il Presidente ne è un membro. Ne fanno parte anche il segretario di Stato, il vice segretario di Stato, tutti e cinque i sottosegretari, diversi assistenti di segreteria e il consulente legale del dipartimento. Il consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente e il suo vice ne sono membri. Il direttore della Central Intelligence (come tutti i direttori precedenti) e il presidente del Foreign Intelligence Advisory Board ne sono membri.”
Ruling Class Journalists, Washington Post, 1993
Harwood continua notando che molte figure di spicco della vita politica americana erano membri del Council of Foreign Relations, tra cui “Gerald Ford, Jimmy Carter, Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinski, Cyrus Vance, McGeorge Bundy, il governatore Mario Cuomo e così via”.
Nei capitoli successivi di questa serie torneremo a parlare del Council on Foreign Relations e di come anche le organizzazioni non governative, i think tank e le organizzazioni non profit giochino un ruolo nella Piramide del Potere.
Il punto è che i media di tutto il mondo non sono solo influenzati dai dollari e dagli interessi delle corporation, ma sono spesso uno strumento per diffondere la propaganda delle comunità di intelligence e promuovere l’agenda della classe dirigente. Nonostante le promesse di porre fine alla collaborazione tra agenzie di spionaggio e giornalisti, nel 2014 la CIA è stata sorpresa a collaborare con un giornalista del Los Angeles Times.
L’ascesa dei media indipendenti
A causa dei continui fallimenti delle grandi aziende mediatiche e dei loro evidenti pregiudizi, il pubblico ha sviluppato una sete di notizie oneste e non filtrate che non si trovano spesso nelle reti televisive e radiofoniche. Internet ha contribuito ad accelerare l’ascesa dei media “indipendenti” o “alternativi”, dove cittadini giornalisti, attivisti, reporter autodidatti e commentatori dei social media competono direttamente con le grandi aziende mediatiche. Internet ha anche visto il lancio di centinaia di migliaia di nuovi siti web che non rientrano nella gerarchia dei media tradizionali.
A metà degli anni 2000, con l’emergere di YouTube e di altri social network popolari, i media alternativi sono riusciti a superare i media tradizionali e a raggiungere le masse a un ritmo senza precedenti. Dal 2010, ha iniziato a materializzarsi un ecosistema sempre più vasto di siti web, canali, podcast e giornalisti di media alternativi. Alcuni canali si sottraggono allo sfarzo e al glamour dei media tradizionali, a favore di servizi trasmessi da salotti e strade. Altri si sono proposti di ricreare la professionalità del mainstream mantenendo la volontà di mettere in discussione tutti i punti di vista.
Purtroppo, la natura decentralizzata di Internet è stata abbandonata a favore di istituzioni centralizzate che offrono motori di ricerca, social media e altri servizi Internet. La stragrande maggioranza del pubblico usa Google, Facebook e YouTube per conoscere il mondo che ci circonda. Queste persone pensano erroneamente di vedere tutto ciò che è disponibile su Internet. Come spiegheremo nel prossimo capitolo sulle Big Tech, questo non è affatto vero.
Dopo le elezioni presidenziali americane del 2016, molti canali e giornalisti indipendenti di tutto lo spettro politico hanno subito un altro attacco sotto forma di “fake news”. Resa popolare da Donald Trump, l’etichetta di “fake news” è stata rapidamente utilizzata per attaccare tutti gli organi di informazione non allineati alla versione mainstream degli eventi legati alle elezioni del 2016. Uno dopo l’altro, siti e pagine di media indipendenti sono stati etichettati come “fake news” o “disinformazione russa” e successivamente cancellati da varie piattaforme di social media. Da allora, il panorama dei social media si è ulteriormente modificato, con l’utilizzo di fact checker e il divieto assoluto di trattare determinati argomenti.
Un altro modo in cui la Piramide del Potere mantiene influenza è attraverso l’acquisto e/o il finanziamento delle cosiddette società di “nuovi media” che tentano di presentarsi come indipendenti e che tipicamente si rivolgono ad un pubblico più giovane. Nonostante la presentazione elegante e l’uso di un pubblico giovane e diversificato come reporter, queste società non sono altro che un rebranding della solita propaganda distribuita dai miliardari, dalle corporation e dalle agenzie di intelligence. Alcune di queste società includono Vice Media, Vox Media e Buzzfeed.
I tentativi delle agenzie di intelligence di manipolare e influenzare l’opinione pubblica vanno oltre l’assunzione di giornalisti. Secondo uno dei documenti trapelati da Edward Snowden, il governo britannico dispone di un software per la “gestione delle personas online”. Il quartier generale delle comunicazioni del governo britannico (GCHQ) gestisce un’unità d’élite nota come Joint Threat Research Intelligence Group (JTRIG). I documenti illustrano le tattiche impiegate dall’agenzia, tra cui i modi per manipolare l’opinione pubblica, comprendere il pensiero e il comportamento umano e incoraggiare il conformismo. Uno dei rapporti del 2011 descrive le tattiche del JTRIG, tra cui il caricamento di video su YouTube contenenti “comunicazioni persuasive”, l’avvio di gruppi Facebook e account Twitter e la creazione di falsi personaggi e sostenitori online “per screditare, promuovere la sfiducia, dissuadere, scoraggiare, ritardare o disturbare”. L’unità ha utilizzato le campagne sui social media per incoraggiare e promuovere “obbedienza” e “conformità”.
L’intelligence britannica e quella statunitense desiderano promuovere l’obbedienza e il conformismo del pubblico. Mirano a mantenere il pubblico propagandato, distratto, disinformato e in lotta tra di noi. I miliardari usano i loro media e i loro amici al governo per tenere il pubblico beatamente all’oscuro dei loro sforzi per ottenere potere e ricchezza.
Per fortuna, ci sono delle soluzioni.
Anche con la censura e l’eliminazione dei giornalisti e dei canali dei media alternativi, ci sono alcune soluzioni disponibili. Per cominciare, sempre più giornalisti tradizionali scelgono di abbandonare il mondo corporativo e di unirsi ai media indipendenti, nell’interesse di un giornalismo d’inchiesta e basato sui fatti. Nell’ultimo decennio Amber Lyon ha lasciato la CNN, Sharyl Attkisson la CBS, Glenn Greenwald ha lasciato il Guardian per The Intercept e poi ha lasciato The Intercept per diventare completamente indipendente. Un altro giornalista mainstream che si è trasformato in reporter indipendente è Ben Swann, un ex conduttore della CBS di Atlanta che ha lasciato l’emittente dopo aver subito censura per i suoi servizi.
Di recente ho parlato con Ben Swann di quelli che secondo lui sono i fallimenti del MSM, compresa l’idea che i giornalisti non possano avere opinioni.
BEN SWANN: L’idea che i giornalisti non hanno opinioni è assolutamente falsa.
DERRICK BROZE: Giusto
BS: Ed è ovvio, la natura umana dice che ogni umano ha un’opinione su qualcosa. Questo è in realtà un concetto fuorviante, che è stato promosso da aziende come CNN per molto tempo. È quello che Glenn Greenwald chiama “il punto di vista che non porta da nessuna parte” cioè, io sono il giornalista soggettivo, non ho un’opinione, non so nulla, riporto solo quello che vedo. Questo è un robot, non è una persona. Un modo più onesto di gestire la situazione è dire: sai cosa, ho un’opinione, e se sono onesto sulla mia opinione, quindi, ovviamente io ho idee molto libertarie, credo nella libertà individuale, sono molto onesto su questo, quindi sai da dove parto, tuttavia, non è importante se hai un’opinione, è importante se prendi i fatti di una storia e li distorci per farli combaciare con la tua opinione. Li distorci perché dimostrino l’idea che già avevi. Io credo che come giornalisti, non è quello che stiamo facendo. Quello che facciamo è dire, andremo ovunque i fatti ci conducano in una storia, ma ovviamente abbiamo delle opinioni a riguardo.
Intervista di Derrick Broze a Ben Swann, Anarchapulco 2018
Swann e altri ex giornalisti tradizionali non hanno solo abbandonato i media tradizionali. Molti hanno iniziato a utilizzare piattaforme di social media e siti web alternativi per diffondere le loro inchieste video e articoli. Glenn Greenwald e il giornalista Matt Taibi hanno iniziato a utilizzare il servizio indipendente Substack per pubblicare i loro articoli, mentre Swann ha lanciato il proprio servizio video, Ise.Media, per poter pubblicare liberamente senza censura da parte delle società di social media e dei motori di ricerca.
Per combattere la censura di YouTube, Facebook, Twitter and Google.
Ben Swann presentando Ise.Media [ora Sovren.Media]
Inoltre, esistono numerosi siti alternativi di social media e piattaforme video che hanno iniziato a offrire un’esperienza priva di censura per coloro che desiderano una piattaforma di social media e notizie senza filtro. Siti come Bitchute, LBRY [Odysee], Minds, Flote e Hive offrono ai content creator la possibilità di superare l’egemonia dei media tradizionali.
Come consumatori di media, abbiamo l’opportunità di sostenere i siti e le piattaforme che forniscono una copertura imparziale degli eventi importanti. Come ha notato Ben Swann, questo non significa media senza opinioni o pregiudizi. Piuttosto, è l’aspettativa che i media confidino nel fatto che lo spettatore possa consumare contenuti da un’ampia gamma di opinioni e punti di vista e farsi un’idea propria.
La risposta è che ognuno di noi decida consapevolmente di staccare la spina dalle reti di propaganda gestite dallo Stato e dalle piattaforme online che cercano di decidere per noi. La risposta è sostenere le organizzazioni mediatiche indipendenti e i giornalisti che svolgono il lavoro vitale di analizzare il mondo che ci circonda e di presentare i fatti al pubblico. Solo scegliendo consapevolmente di sostenere i veri media indipendenti, che non sono finanziati da miliardari, aziende e agenzie di spionaggio, possiamo sperare di preservare un mezzo di comunicazione libero che dia potere ed educazione al pubblico.
Per saperne di più sul controllo e la manipolazione dei media, consigliamo la lettura di:
La Fabbrica del Consenso di Noam Chomsky
The New Media Monopoly di Ben Bagdikian