The Pyramid of Power – Chapter 3: Big Tech, di Derrick Broze, The Conscious Resistance Network
Terzo capitolo della Piramide del Potere, una serie di documentari in 17 parti che si propone di rispondere alla domanda: Chi governa il mondo?
Il giornalista Derrick Broze esamina le istituzioni e gli individui che cercano di manipolare il nostro mondo a proprio vantaggio.
Presentato da The Conscious Resistance Network.
Ricercato, scritto e narrato da Derrick Broze.
Montaggio di Jeremy Martin e Becca Godwin.
Musica di Pop Vultures.
https://thepyramidofpower.net/
https://thepyramidofpower.net/?pop-chapter=big-tech
https://theconsciousresistance.com/the-pop/
https://theconsciousresistance.com/the-conscious-resistance-network-presents-the-pyramid-of-power-ep-3-big-tech/
Per gli altri capitoli della serie tradotti in italiano:
https://giuliarodi.com/category/la-piramide-del-potere/
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TRASCRIZIONE
Derrick Broze: Lavorando per dieci anni come giornalista d’inchiesta, il mio lavoro mi ha spinto a condurre un programma radiofonico, a scrivere libri e a produrre numerosi documentari sulle realtà del traffico di bambini, sui pericoli della tecnologia e sulla lotta indigena. Ora, voglio scoprire se esiste una rete di individui e istituzioni che lega queste tematiche. Molti ricercatori ipotizzano l’esistenza di un cartello internazionale che manipola segretamente gli eventi mondiali a proprio vantaggio. Sono queste solo affermazioni di fantasia e delirio paranoico, o c’è davvero un’agenda per manipolare l’umanità secondo le esigenze di una Piramide di Potere?
Capitolo 3: Big Tech
Ormai la maggior parte degli spettatori conosce i ben noti problemi dei social media. Creano volutamente dipendenza, producono gelosia, insicurezza e depressione in alcune persone (e questo), e i grandi social traggono profitto dalla vendita dei vostri dati. Nonostante la crescente consapevolezza di questi problemi, aziende come Facebook, Twitter, Instagram e YouTube sono ancora tra le piattaforme più utilizzate al mondo. Miliardi di persone scaricano queste app e le usano per tenersi informate sul mondo. (O almeno così credono.)
Sebbene questi problemi siano sicuramente gravi, non sono gli unici di cui dovremmo preoccuparci. Per capire il ruolo dei social media nella “Piramide del Potere” dobbiamo comprendere le origini dei social media. In particolare, dobbiamo capire le origini dei cosiddetti giganti “Big Tech” che stanno dietro ai social media.
Le Big Tech sono le aziende più grandi e dominanti del settore delle tecnologie dell’informazione degli Stati Uniti, ovvero Amazon, Apple, Google, Facebook e Microsoft. In alternativa, esistono altre etichette, come FAANG, che si riferisce alle cinque principali società tecnologiche americane: Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, o Alphabet, Inc, la società madre di Google. Il punto è che queste aziende dominano le tecnologie dell’informazione nella maggior parte del mondo e determinano la direzione dei vari mercati in cui operano.
Amazon domina il mercato dell’e-commerce, così come degli assistenti virtuali IA e degli altoparlanti intelligenti. Apple e Google condividono il monopolio dei telefoni cellulari. Google, naturalmente, rivendica il titolo di principale motore di ricerca online per la maggior parte del mondo, nonché di maggior piattaforma di condivisione video con YouTube e principale strumento di mappe e navigazione online con Google Maps. Microsoft domina il mercato dei sistemi operativi, condivide il mercato del cloud computing con Amazon ed è molto influente nel settore dei videogiochi grazie al sistema Xbox. Facebook è nota per essere una delle tre maggiori aziende di pubblicità digitale, acquisita grazie al suo social network. Domina anche la condivisione di immagini con Instagram e la messaggistica con WhatsApp e FB Messenger.
La crescita della ricchezza e dell’influenza delle Big Tech nell’ultimo decennio ha superato la ricchezza e l’influenza delle aziende dei Big Media di cui abbiamo parlato nel capitolo 2.
Quindi, da dove vengono queste aziende e stanno influenzando il nostro mondo nel bene o nel male?
La storia che ci viene raccontata è che le Big Tech sono state fondate da uomini geniali, di solito in California, nell’area oggi comunemente nota come Silicon Valley. Grazie al loro duro lavoro e alla loro determinazione, queste aziende sono riuscite ad emergere dai garage e dai dormitori universitari per diventare i giganti che conosciamo oggi. C’è solo un problema: questa versione degli eventi è nel migliore dei casi la versione da cartone animato e nel peggiore un vero e proprio inganno.
È importante capire che quasi tutti gli strumenti delle Big Tech che utilizzate oggi sono stati finanziati, in parte, dalla comunità dei servizi segreti americani e sostenuti in vari modi dal governo degli Stati Uniti stesso. L’ascesa delle aziende Big Tech non è una favola di successo del libero mercato, ma piuttosto una storia oscura e inquietante di welfare aziendale e di profondi legami con i servizi segreti. Infatti, la maggior parte degli strumenti digitali che utilizzate, compresi i telefoni cellulari, il GPS e lo stesso Internet, sono nati come strumenti per l’esercito. Questi strumenti sono stati progettati dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sotto la direzione della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA).
IL complesso Intelligence – Big Tech
Quello che conosciamo come Internet, o World Wide Web, fu sviluppato per la prima volta dai militari con il nome di ARPANET. Una delle migliori fonti sulle vere origini delle Big Tech è il libro Surveillance Valley del ricercatore Yasha Levine. Nel suo libro rivoluzionario, Levine delinea il ruolo che l’esercito e l’apparato di intelligence hanno svolto nel far progredire questi strumenti dal loro uso esclusivo da parte dei militari, a quello di miliardi di persone in tutto il mondo.
All’epoca la gente aveva capito cosa fosse questa tecnologia.
Già nel 1969, il primo anno di attivazione di Arpanet, quindi, l’Arpanet fu attivato nel 1969, in quello stesso anno, ci furono grandi proteste al MIT contro Arpanet. Nel campus furono distribuiti opuscoli e libretti che parlavano di Arpanet come dell’inizio della rete di sorveglianza che avrebbe permesso a ciò che chiamavano la polizia di Washington di gestire e di controllare meglio il mondo.
Quasi mezzo secolo fa era chiaro a tutti cosa fosse questa rete ma poi ce ne siamo dimenticati. A partire dagli anni ’80 e ’90 è stata ribattezzata con successo come qualcosa di utopico, mentre prima non era così.
Yasha Levine intervistato da Zero Hour (Clip 9:17-10:04, “Back then….)
Il libro Surveillance Valley di Yasha Levine è una risorsa inestimabile per capire come le comunità militare e di intelligence abbiano contribuito a finanziare vari strumenti nel settore privato nella speranza che ciò potesse fornire loro più dati sul pubblico in generale.
Nel 2017, un ex direttore della National Science Foundation ha fatto maggiore chiarezza pubblicando un articolo che esplorava la vera origine di Google:
“I bracci di ricerca della CIA e dell’NSA speravano che le migliori menti informatiche del mondo accademico
potessero identificare quelli che chiamavano ‘uccelli di una stessa piuma’: proprio come le oche volano insieme in grandi forme a V, o stormi di passeri compiono movimenti improvvisi insieme in armonia, previdero che gruppi di esseri umani che la pensano allo stesso modo si sarebbero mossi insieme online”.“L’obiettivo della ricerca era quello di tracciare le impronte digitali all’interno della rete di informazione globale in rapida espansione, allora nota come World Wide Web. Era possibile organizzare un intero mondo di informazioni digitali in modo da tracciare e ordinare le richieste fatte dagli esseri umani all’interno di questa rete? Le loro richieste potevano essere collegate e classificate in ordine di importanza? Si potevano identificare ‘uccelli di una stessa piuma’ in questo mare di informazioni, in modo da poter seguire le comunità e i gruppi in maniera organizzata?”.
Jeff Nesbit
Jeff Nesbit prosegue descrivendo come Sergey Brin e Larry Page, i presunti fondatori di Google, siano stati originariamente finanziati “attraverso un programma non classificato e altamente compartimentato gestito per la CIA e l’NSA da grandi appaltatori militari e di intelligence. Il progetto si chiamava Massive Digital Data Systems Project (MDDS).”
La ricerca condotta da Brin e Page con questi finanziamenti alla fine divenne il cuore del motore di ricerca di Google. Nesbit scrive: “La comunità dei servizi segreti, tuttavia, vide nella loro ricerca un vantaggio leggermente diverso: La rete poteva essere organizzata in modo così efficiente da poter identificare e rintracciare in modo univoco i singoli utenti?”.
Nel 2014 emersero ulteriori dettagli sulla relazione tra Sergey Brin, l’ex dirigente di Google Eric Schmidt e la National Security Agency. Una richiesta tramite il Freedom of Information Act rivelò che Brin e Schmidt si davano del tu con l’allora capo della NSA, il generale Keith Alexander. Inoltre, Google faceva parte di una “iniziativa governativa segreta nota come Enduring Security Framework”, che prevedeva che la Silicon Valley collaborasse con il Pentagono e con i servizi segreti per condividere informazioni “alla velocità della rete”.
I collegamenti tra Google e le società di intelligence che hanno trascorso decenni a spiare il pubblico, infiltrandosi nel sistema scolastico pubblico e nei media dell’establishment, coinvolgono anche la società di venture capital della CIA, In-Q-Tel. Ad esempio, sappiamo che il software che sarebbe diventato Google Earth è nato da una tecnologia originariamente sviluppata dalla società Keyhole, Inc. che a sua volta aveva uno stretto rapporto con i servizi segreti americani.
Tuttavia, Google non è stata l’unica azienda Big Tech a intrattenere rapporti con In-Q-Tel. Anche i dirigenti di Facebook avevano stretti legami con la società di venture capital della CIA In-Q-Tel. Il giornalista James Corbett riporta:
“Pubblicamente, In-Q-Tel si presenta come un modo innovativo di sfruttare il potere del settore privato identificando le tecnologie emergenti chiave e fornendo alle aziende i finanziamenti per portare tali tecnologie sul mercato.
In realtà, però, ciò che In-Q-Tel rappresenta è un pericoloso offuscamento dei confini tra il settore pubblico e quello privato, in un modo che rende difficile stabilire dove finisca la comunità dei servizi segreti americani e dove inizi il settore informatico.
Due dei nomi che più spesso compaiono in relazione a In-Q-Tel, tuttavia, non hanno bisogno di presentazioni: Google e Facebook.
La documentazione disponibile pubblicamente sul collegamento Facebook/In-Q-Tel è tenue. Facebook ha ricevuto 12,7 milioni di dollari in capitale di rischio da Accel, il cui manager, James Breyer, siede ora nel loro consiglio di amministrazione. In passato è stato presidente della National Venture Capital Association, il cui consiglio di amministrazione comprendeva Gilman Louie, allora amministratore delegato di In-Q-Tel. Il collegamento è indiretto, ma il suggerimento di un coinvolgimento della CIA con Facebook, per quanto tangenziale, è inquietante alla luce della storia di Facebook di violazione della privacy dei suoi utenti“.
James Corbett (da qui 14:49-15:50)
Nel periodo in cui fu lanciato Facebook, si stava concludendo un progetto governativo di tema analogo. LifeLog era un progetto dell’Information Processing Techniques Office della DARPA, progettato per “essere in grado di tracciare i ‘fili’ della vita di un individuo in termini di eventi, stati e relazioni”, con la capacità di “raccogliere tutte le esperienze di un soggetto, dai numeri di telefono composti e dai messaggi email letti ad ogni respiro fatto, passo compiuto e luogo visitato”.
“Telecamere e microfoni cattureranno ciò che l’utente vede o sente; i sensori registreranno ciò che sente. I satelliti di posizionamento globale registreranno ogni movimento. I sensori biomedici monitoreranno i segni vitali. Le email, i messaggi istantanei, le transazioni online, le telefonate e i messaggi vocali saranno tutti archiviati. La posta e i fax verranno scannerizzati. I collegamenti a tutte le trasmissioni radiofoniche e televisive ascoltate e a tutti i giornali, riviste, libri, siti Web e database consultati, saranno registrati.”
Collaboratori della DARPA hanno dichiarato che il software di LifeLog “Sarà in grado di trovare schemi significativi negli orari, per dedurre le routine, le abitudini e le relazioni dell’utente con altre persone, organizzazioni, luoghi e oggetti”. Alla fine, questo programma fu abbandonato a causa di timori sulla sorveglianza.
Il 4 febbraio 2004, Wired Magazine riportò la notizia dell’abbandono del progetto Lifelog da parte del Pentagono. Per ironia della sorte, questo è lo stesso giorno in cui Mark Zuckerberg lanciò la sua prima iterazione di Facebook.
Il creatore di Lifelog, Douglas Gage, ha recentemente dichiarato a Motherboard di ritenere che per molti versi Facebook abbia raggiunto gli obiettivi di LifeLog. “Penso che Facebook sia il vero volto dello pseudo-LifeLog a questo punto. In genere evito di usare Facebook, mi collego solo occasionalmente per vedere cosa fanno gli altri e non ho mai messo “mi piace” a nulla.”
Un’altra nota importante sui social media e le agenzie di intelligence riguarda le rivelazioni del 2013 di Edward Snowden. Secondo uno dei documenti trapelati da Edward Snowden, il governo britannico dispone di un software per la “gestione delle personas online”. Il quartier generale delle comunicazioni del governo britannico (GCHQ) gestisce un’unità d’élite nota come Joint Threat Research Intelligence Group (JTRIG).
I documenti delineano le tattiche impiegate dall’agenzia, compresi i modi per manipolare l’opinione pubblica, comprendere il pensiero e il comportamento umano e incoraggiare il conformismo. Uno dei rapporti del 2011 descrive le tattiche della JTRIG, tra cui il caricamento di video su YouTube contenenti “comunicazioni persuasive”, la creazione di gruppi Facebook e account Twitter e di false personalità e sostenitori online “Per screditare, promuovere sfiducia, dissuadere, scoraggiare, ritardare o disturbare”. L’unità ha utilizzato campagne sui social media per incoraggiare e promuovere “obbedienza” e “conformità”.
Sia l’intelligence britannica che quella americana desiderano promuovere l’obbedienza e il conformismo del pubblico. Usano i social media per mantenere il pubblico propagandato, distratto, disinformato e in lotta tra sé.
Potremmo continuare a descrivere nel dettaglio le connessioni e le partnership tra Facebook, Apple, Google e Amazon, ma il punto è che le origini delle aziende Big Tech che controllano la tecnologia dell’informazione sono molto diverse da quelle promosse dal mainstream. Queste aziende hanno beneficiato direttamente e indirettamente degli investimenti finanziari dei settori militare e di intelligence degli Stati Uniti. Hanno anche dimostrato la volontà di condividere i dati degli utenti con le forze dell’ordine.
Queste aziende Big Tech stanno anche promuovendo il pervasivo stato di sorveglianza. Non solo Google, Facebook, Microsoft, Apple e Amazon tracciano le vostre abitudini (on e offline), ma traggono profitto da questa conoscenza. Con la crescita di assistenti virtuali IA e altoparlanti intelligenti come Amazon Echo, Google Nest, Apple Siri e altri dispositivi, milioni di persone in tutto il mondo stanno accogliendo lo stato di sorveglianza nelle loro case.
Amazon è ben nota per il suo mercato online, ma meno persone sono consapevoli del fatto che questa azienda Big Tech ha sviluppato un software di riconoscimento facciale chiamato Rekognition. Amazon ha commercializzato gli strumenti di riconoscimento facciale per i dipartimenti di polizia degli Stati Uniti, sostenendo che il software consentirà la sorveglianza in tempo reale utilizzando le telecamere per il corpo. Nel 2018, la Electronic Frontier Foundation, l’American Civil Liberties Union, Human Rights Watch, la Freedom of the Press Foundation e quasi 40 altre organizzazioni hanno intentato una causa chiedendo che Amazon cessi di fornire alle forze dell’ordine l’accesso alla tecnologia di sorveglianza.
La EFF ha dichiarato che:
“Amazon ha fortemente commercializzato questo strumento, chiamato “Rekognition”, per le forze dell’ordine, ed è già utilizzato da agenzie in Florida e Oregon. Questo sistema conferisce al governo ampi e pericolosi poteri di sorveglianza e rappresenta una minaccia per la privacy e la libertà delle comunità in tutto il Paese. Tra queste ci sono anche molti clienti di Amazon, che rappresentano oltre il 75% dei consumatori online americani”.
Secondo quanto riferito, nel 2020 Amazon avrebbe parlato con un dipartimento di polizia di Jackson, Mississippi, per collegare le telecamere dei campanelli Ring a un centro di sorveglianza gestito dalla polizia attivo 24 ore su 24 . Il centro di sorveglianza della polizia di Jackson avrebbe condotto un programma pilota di 45 giorni per trasmettere in diretta le telecamere di sicurezza dei residenti partecipanti, compresa una linea diretta con le telecamere dei campanelli Ring di Amazon dei residenti. Nel giugno 2020, Amazon ha annunciato una moratoria di un anno sull’uso di Rekognition da parte della polizia, in risposta alle proteste per George Floyd. Tuttavia, nel febbraio 2021, alcuni documenti hanno rivelato che la polizia di Los Angeles aveva già utilizzato le telecamere dei campanelli Ring per monitorare gli attivisti.
Il complesso militare industriale Big Tech
Nel 2020, il pubblico si è reso conto del vero potere esercitato dalle aziende Big Tech che gestiscono le piattaforme di social media più popolari. Facebook, YouTube, Instagram, Tik Tok, Google e Amazon hanno cercato di ridurre, oscurare, cancellare e/o vietare le informazioni che andavano contro la narrativa accettata per il COVID19, le elezioni del 2020 e, fondamentalmente, qualsiasi altro argomento ritenuto controverso. Sebbene molti abbiano scelto di inquadrare questo attacco alla libertà di espressione come un attacco ai “conservatori” o alla “destra”, la realtà è che anche pagine e canali di sinistra di spicco hanno subito la stessa sorte perché hanno commesso il peccato cardinale dei social media: porre domande e fare affermazioni non accettate dalle cosiddette autorità. In breve, se si fanno troppe domande e non si ripetono le posizioni mainstream della destra o della sinistra, è molto probabile che ci si trovi demonetizzati o banditi del tutto.
Alcuni sostengono, a torto, che le Big Tech sono costituite da aziende private che hanno la libertà di decidere cosa va sulle loro piattaforme. Questa argomentazione ignora le numerose prove che indicano la stretta relazione tra Big Tech e l’intelligence americana, nonché i finanziamenti ricevuti da molte delle aziende. In sostanza, queste aziende non sarebbero così monolitiche senza il sostegno del governo. Non sono certo una rappresentazione dell’economia del libero mercato.
Il che ci porta all’ultimo punto: queste aziende Big Tech hanno spesso lo scopo di rafforzare una particolare narrativa che è vantaggiosa per il governo degli Stati Uniti e la comunità dei servizi segreti. Non è un errore che le pagine e i canali che sono stati rimossi siano spesso quelli che denunciano la macchina da guerra americana, la violenza della polizia e, in generale, le menzogne del governo degli Stati Uniti.
Sebbene la maggior parte delle persone ne fosse all’oscuro, gli attacchi al giornalismo indipendente e alle voci libere iniziarono seriamente subito dopo l’elezione di Donald Trump nel novembre 2016. I media iniziarono a promuovere una storia dopo l’altra che sostenevano che insider del governo avevano le prove che i russi avevano interferito con le elezioni americane, diffondendo notizie false che favorivano Trump e attaccavano Hillary Clinton. Il Washington Post e altri portavoce dell’establishment pubblicarono un rapporto dell’organizzazione PropOrNot che sosteneva di aver identificato i siti web che diffondevano fake news e, forse, lavoravano come propagandisti russi. L’elenco conteneva molti noti siti americani di media alternativi, tra cui Activist Post, Mint Press News, The Free Thought Project e The Anti Media.
Sebbene Trump abbia reso popolare il meme delle “Fake News”, questo è stato rapidamente utilizzato per demonizzare i media alternativi e indipendenti che non si allineavano alla narrativa russa. L’ascesa del meme “Fake News” ha avuto ripercussioni immediate sui media alternativi: molti siti hanno perso l’accesso a Google Ads per la generazione di entrate, altri hanno subito lo “shadow ban” su Facebook e Twitter, mentre altri ancora sono stati tagliati fuori da processori di pagamento come Paypal e Patreon.
Il rapporto tra il complesso militare industriale e Facebook è diventato ancora più evidente nel maggio 2018, quando Facebook ha annunciato una nuova partnership con il Consiglio Atlantico, un think tank che ufficialmente sostiene di fornire un forum per i leader politici, commerciali e intellettuali internazionali. Il gigante dei social media ha dichiarato che la partnership mirava a impedire che Facebook “venisse abusato durante le elezioni”. Il comunicato stampa promuoveva gli sforzi di Facebook per combattere le fake news utilizzando l’intelligenza artificiale e collaborando con esperti esterni e Stati.
Il Consiglio Atlantico degli Stati Uniti fu istituito nel 1961 per sostenere le relazioni internazionali. Sebbene non sia ufficialmente collegato all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) il Consiglio Atlantico ha trascorso decenni a promuovere cause e questioni utili agli Stati membri della NATO. Inoltre, il Consiglio Atlantico è membro dell’Associazione del Trattato Atlantico (ATA), un’organizzazione ombrello che “agisce come facilitatore di network nell’area euro-atlantica e oltre”. L’ATA lavora in modo simile al Consiglio Atlantico, riunendo leader politici, accademici, ufficiali militari, giornalisti e diplomatici per promuovere valori favorevoli agli Stati membri della NATO. Ufficialmente, l’ATA è indipendente dalla NATO, ma la linea di demarcazione tra le due è molto sottile.
In sostanza, il Consiglio Atlantico è un think tank in grado di offrire alle aziende o agli Stati nazionali l’accesso a ufficiali militari, politici, giornalisti e diplomatici per aiutarli a sviluppare un piano di attuazione della loro strategia o visione. Queste strategie spesso prevedono che gli Stati della NATO o insider del settore prendano decisioni che non avrebbero preso senza una visita del team del Consiglio Atlantico. In questo modo, gli individui o le nazioni possono portare avanti le loro idee sotto la copertura dell’assunzione di quella che sembra essere un’agenzia di pubbliche relazioni, ma che in realtà vende l’accesso a persone di alto profilo con il potere di influenzare le politiche pubbliche. Infatti, tutti, da George H.W. Bush a Bill Clinton, hanno parlato o partecipato a eventi del Consiglio.
Chiaramente, nonostante le dichiarazioni di Facebook, questa partnership allineerà ulteriormente gli obiettivi di Facebook con il complesso militare-industriale occidentale. Ciò è stato reso evidente nell’ottobre del 2018, quando Facebook ha annunciato che stava per disattivare, o epurare, oltre 500 pagine e 200 account accusati di diffondere spam politico. Molte di queste pagine e autori sono stati rimossi anche da Twitter lo stesso giorno.
In un post Facebook ha scritto:
“Oggi stiamo rimuovendo 559 Pagine e 251 account che hanno costantemente violato le nostre regole contro lo spam e il comportamento non autentico coordinato”, Facebook afferma che le persone dietro questo presunto spam “creano reti di Pagine utilizzando account falsi o account multipli con gli stessi nomi” e “pubblicano gli stessi post clickbait in decine di Gruppi Facebook”.
Questa azione di Facebook è diventata nota come “L’epurazione del 2018” ed è stata solo la prima di molte altre che sarebbe venute. Con Facebook e altre aziende di Big Tech che sviluppano un rapporto di collaborazione con il complesso industriale militare, è molto probabile che le voci anti-establishment continueranno a essere soffocate.
Ora che abbiamo capito che le Big Tech sono cartelli della tecnologia dell’informazione con profondi legami con la comunità di intelligence e l’esercito degli Stati Uniti che vendono i dati dei loro utenti e manipolano le loro emozioni, è il momento di capire cosa fare per risolvere questi problemi.
Soluzioni: Una tecnologia migliore
Le soluzioni per affrontare le Big Tech sono semplici in apparenza: Boicottare. È così semplice e così difficile. Se ognuno di noi scegliesse consapevolmente di negare a Facebook, Google, Amazon, Apple e Microsoft i propri dati e il proprio denaro, potremmo limitare il modo in cui influenzano le nostre vite. Cosa significa boicottare le Big Tech?
Cominciamo dai social media. Adesso, in questo momento, potete scegliere di abbandonare Facebook, Instagram, Snapchat, YouTube, Tik Tok e Twitter. Potete privarli dei vostri dati e scegliere invece di fare parte di e sostenere aziende che non rubano o vendono i vostri dati, né collaborano con il complesso militare industriale. Esistono alternative migliori, come Flote.app, Odysee, Minds, Junto, PeerTube, Element, Matrix e molte altre.
Ovviamente, queste piattaforme non hanno tutti i contenuti che siete abituati a vedere sui siti di Big Tech, ma prima incoraggiamo le persone ad uscire da queste piattaforme e a sostenere alternative migliori, prima vedremo i contenuti che conosciamo e amiamo.
E per quanto riguarda l’abbandono di email, storage, mappe e altri servizi digitali di Big Tech?
Anche per questi esistono alternative che non condividono i vostri dati con gli inserzionisti pubblicitari o con gli Stati. Nella trascrizione di questo documentario abbiamo incluso alcuni link utili (1, 2 e 3) per chiunque fosse interessato. Il semplice fatto è che dovete fare uno sforzo per allontanarvi dalle Big Tech. Questo comporterà inevitabilmente dei cambiamenti nel vostro stile di vita e nelle vostre abitudini.
Quando si tratta di telefoni cellulari e sistemi operativi per computer può essere un po’ più difficile e costoso trovare alternative, ma esistono. Il sistema operativo Linux offre ai consumatori un’esperienza non-Microsoft da decenni, e negli ultimi anni si è assistito alla crescita di telefoni cellulari che non hanno Google o Apple incorporati. Anche in questo caso, abbiamo incluso alcuni suggerimenti per coloro che cercano di andare oltre il paradigma delle Big Tech.
Fortunatamente, ci sono anche centinaia di migliaia di programmatori che stanno lavorando a tecnologie decentralizzate comprese le versioni decentralizzate di Internet stesso che hanno la possibilità di liberare le persone dalla morsa delle Big Tech. Con il tempo, le persone avranno più opzioni tra cui scegliere e il controllo monopolistico delle nostre vite digitali avrà fine.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, consigliamo la lettura di Surveillance Valley di Yasha Levine e dell’inchiesta del 2017 di Jeff Nesbit, raccomandiamo anche di guardare il documentario The Secrets of Silicon Valley del Corbett Report.